Il “Made in Italy” ha bisogno di un rilancio per la Gen Z

Questa settimana il blog di China House si occupa della Gen Z e della necessità dei brand di dare nuova forma e significato al mondo del lusso. I giovanissimi nati dagli anni 2000 stanno alzando l’asticella delle aspettative come mai nessuno prima aveva fatto.

Il “Made in Italy” ha bisogno di un rilancio per la Gen Z

Grazie al supporto di un articolo letto su jingdaily.com, riportiamo le riflessioni di Daniel Langer, CEO del brand di lifestyle strategy Équité e uno tra i “Global Top Five Luxury Key Opinion Leaders to Watch”.

La fine del Made in Italy?

Uno dei punti principali da cui parte la critica di Langer è il fatto che, negli ultimi anni e con grande sorpresa da parte degli italiani, il concetto di Made in Italy sia stato trascurato nonostante sia il fiore all’occhiello del paese.

Quando è stato chiesto ad un gruppo di americani: “Cosa ti viene in mente se dico ‘Made in Italy’?”, la risposta è stata “pizza e pasta”.

Non è certo una risposta soddisfacente per il comparto moda e per la storica tradizione italiana di moda e accessori, unica al mondo insieme alla couture francese.

È soprattutto a causa di questa svalutazione graduale che il Made in Italy deve tornare ai fasti di un tempo: deve essere nuovamente rilevante per la prossima generazione di compratori giovani i quali, da parte loro, cercano brand dei quali condividono valori, differenziazione e storytelling solido.

Il “Made in Italy” ha bisogno di un rilancio per la Gen Z

Semplicemente, la Gen Z chiede di più.

Puntare sull’eredità del passato mossa che molti brand di lusso compiono pensando di poter contare solo sugli antichi fasti non è più sufficiente.

Seppure i brand di lusso italiani abbiano una storia lunga e importante, questa caratteristica non può essere l’unica carta da giocarsi per rimanere al top.

I tempi sono cambiati, la Gen Z valuta le esperienze personalizzate, l’impatto del brand di oggi piuttosto che la sua impronta di ieri.

Lo storytelling è il punto cardine di ogni brand

Parliamo ora di storytelling.

Molti brand di lusso a livello globale hanno ignorato per anni la possibilità di creare una propria narrazione distinta, fruibile, che creasse ispirazione e desiderio nei possibili acquirenti, che fosse stimolante per le prossime generazioni di clienti.

Questa dimenticanza si è rivelata fatale, poiché i numeri dei grandi brand in termine di guadagni sono in evidente discesa.

Altri brand addirittura ignorano la Generazione Z, pensando erroneamente che non sia una fascia d’età con potere d’acquisto di pezzi importanti da maison di lusso.

Errore madornale: oggi il 20% dei guadagni dei brand arrivano dagli acquisti di clienti under 25.

Entro il 2030 la Generazione Z sarà la principale fascia di acquirenti dei beni di lusso; ad oggi è certamente la più influente.

Prima generazione della storia ad essere nata nell’era digitale e dei social è una fascia d’età che sta riscrivendo le regole dei consumi e, di riflesso, anche del lusso.

Piuttosto che ignorarli o far finta che non siano rilevanti, sarebbe meglio allinearsi ai loro gusti e al loro sistema di valori: è per questo che i brand di lusso devono puntare tutto su uno storytelling autentico.

A tutto questo dovrebbe essere aggiunto un ventaglio sempre più ampio di esperienze digitali da integrare nel mondo fisico, offrire qualcosa che i giovanissimi possano esplorare, condividere con gli altri.

Non è certo una sfida semplice, ma è necessaria per la sopravvivenza dei brand stessi.

 

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