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Oggi parliamo di esperienze di lusso nel settore dell’hospitality. La sensazione degli esperti è che l’esperienza del lusso si stia sempre più omologando, diventando quindi piatta e non offrendo più ciò che promette realmente.
Cina: il settore alberghiero di lusso deve ribellarsi all’omologazione
A guidarci in questa riflessione è un articolo pubblicato su jingdaily.com e scritto da Daniel Langer, uno dei Global Top Five Luxury Key Opinion Leaders to Watch, nonché docente universitario e CEO di Équité.
I viaggi e l’ospitalità in un albergo di lusso sono un po’ il sogno di tutti, almeno una volta nella vita.
Ma troppo spesso, negli ultimi anni, l’esperienza del lusso viene ridotta a una promessa che, di fatto, esiste solo nel nome e nel prezzo.
Quali sono le cause che hanno portato a questo abbassamento della qualità?
Questo settore, in cui gli ospiti si aspettano esperienze e trattamenti straordinari, vive oggi un momento di crisi e la risposta è quanto più semplice possibile: vendere il “sogno paradisiaco” ai clienti non è più sufficiente.
Il mondo dell’hospitality di lusso si sta omologando sempre di più, proponendo esperienze e strutture una la fotocopia dell’altra.
Soprattutto, pare che manchi l’elemento centrale di ogni esperienza di lusso: l’ospite (e i suoi desideri da soddisfare).
Gli esperti del settore hanno notato questo declino e dunque si chiedono: ciò che viene di solito considerato “lusso” è davvero qualcosa di eccezionale o, solo, rappresenta una versione molto ben confezionata di un’esperienza ordinaria?
L’ospite è davvero il cuore pulsante che muove l’esperienza di lusso o è solo un numero che si muove negli spazi a lui assegnati?
Di cosa c’è bisogno per rendere qualcosa di ordinario, straordinario lo spiega lo stesso Langer raccontando un’esperienza vissuta da lui stesso.
Un viaggio di 17 ore dagli Stati Uniti all’Asia è stato del tutto ordinario.
Ma il confronto non ha retto con un volo di soli 37 minuti tra Singapore e Kuala Lumpur, gestito da Singapore Airlines: ogni minuto è stato straordinario, memorabile, curato nei dettagli per far sentire il viaggiatore al centro di un’esperienza cucita su misura per lui.
Lo stesso Langer, nell’articolo fonte, ha detto: “Desideravo che quel volo non finisse mai”.
La maggior parte degli hotel offre la stessa esperienza: buona, ma deludente
La camera è carina, pulita, curata, ma al servizio mancherà sempre quel tocco personale ed il fattore “wow!” che ci fa ricordare che ci troviamo in una struttura in cui il lusso è il fil rouge.
I viaggi e l’ospitalità di lusso, oggi, si sono omologati a tal punto da essere solo lussuosi nel nome e nel prezzo da pagare.
Una delle motivazioni del calo di qualità nel mondo del lusso è la mancanza di uno storytelling del marchio: tutti vendono il paradiso, l’esperienza unica nel suo genere, ma è davvero così?
L’unicità che andrebbe ricercata per ogni cliente (che coinvolge anche la cultura locale, la storia, i costumi di un paese) si riduce alla ricerca spasmodica della perfezione estetica e della cordialità del personale.
Per evitare di cadere nell’omologazione e rischiare di offrire servizi ed esperienze “fotocopia” ai clienti, i marchi dell’ospitalità di lusso hanno bisogno di ricorrere ad un approccio che si articola su più fronti.
Innanzitutto, è necessario studiare uno storytelling del marchio curato nei minimi dettagli, una narrazione in cui le parole arrivino dritte all’emotività di chi legge.
Inoltre la creazione di esperienze differenziate, fatte su misura per il cliente è fondamentale.
Tutto, ogni minimo dettaglio nascosto in ogni angolo, deve incarnare la storia, i valori del marchio.
Ultimo punto, ma non di certo in ordine di importanza, è la formazione rigorosa che deve essere superata dal team di lavoro.
Il personale deve essere in grado di incarnare i valori del brand e riportarli in ogni più piccolo gesto del lavoro quotidiano, in ogni interazione con l’ospite.
Il vero lusso è l’arte di saper riservare continue sorprese al cliente.
Se non si riesce in questo intento, non stiamo parlando di vero lusso.
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